L'Indicibile Visione
Una lode alla mia compagna di vita, una ricerca impossibile per provare a descrivere quello che provo, quello che è ai miei occhi
APPREZZAMENTO BELLEZZA
3/31/202512 min read
Come fare, come potere anche solo pensare di rappresentarla una così indicibile visione, una così grande creatura, una così immensa attrazione.
Scienziato d’amore
Un ricercatore, un letterato individuo, abile studioso che prese per la prima volta in mano un qualsivoglia mammifero e colui che accarezzò per la prima volta una felce, chi per primo tenne nel palmo quelle piccole e coccolose bestie che ora chiamiamo ghiro; quale processo per trovar così affine nome, quali pensieri e ricerche per capire come nominarle? Ricerca che per me, che mi ritrovo a compiere anche sforzo per rappresentarne il sentimento, porta con sé più sudorifera fatica che la conquista stessa per trovare il soggetto stesso.
Ma inimmaginabile è anche solo provare a trovare una parola che possa fare questo: paragoni e racconti, storie fantastiche e fenomeni meravigliosi ecco cosa ci vuole per decantar le lodi di una così inspiegabile Musa.
Motore dell’uomo
Forse troppo complicati questi riferimenti, troppo lontani sia per tempo che per spazio per spiegare una cosa così, e incido fortunatamente, vicina.
Proviamo ad utilizzare fenomeni sociali, direzioni e sentimenti umani che storicamente hanno mosso quest’ultimi; andiamo a destrutturare la questione, all’opposto ora sbrogliamo la matassa, torniamo alla primordiale semplicità:
Gli uomini ne hanno tratto guerre, ricchezze indicibili, motivi di orgoglio; ha unito masse enormi, condotto regni e imperi, fermato guerre e, come detto, scatenate altrettante, impresso simboli talmente forti nelle mente di ogni individuo da costringere alle più indicibili privazioni; ha innalzato idoli che alti ancora e composti d’oro svettano sui tetti dei templi, rappresentazione dello sfarzo e dell’importanza di tutto questo, un culto che ha mosso masse ma che, come zombi, ha fatto camminare andando incontro al nulla ad una promessa invisibile, ma io invece ti vedo chiara dinanzi a me, ti posso toccare, nulla a che vedere con queste frottole e favole.
Oppure potremmo allinearci e scopiazzare da coloro che hanno per tanto tempo affrontato queste attrazioni: poeti e scrittori ne hanno sempre parlato, di quell’essere incredibile ai loro occhi, e hanno sempre raccontato come fosse indescrivibile il loro sentimento dinnanzi a tale creatura. Tutto vano, stupidi e stolti sono questi soggetti; ancora una volta non si avvicinano per nulla alla reale sensazione che io provo ogni dì, ogni notte, ogni attimo della mia esistenza accanto a te: io sono illuminato e loro erano incupiti quasi , io sono pronto a morire per colei, loro erano a malapena pronti a sfiorarla, io sono qui a guardarti dritto negli occhi e loro, come pecore, abbassavano lo sguardo
Ancora più semplice: forse perché non provare un sentimento così semplice e che tutti, anche i più imbronciati individui, possono testare: un semplice muscolo che in qualsiasi momento possiamo contrarre per provare una infantile e così grande emozione: semplice e chiara la felicità, senza giri di parole sorridendo andiamo a rilasciare quelle infinitesimali particelle che producono appunto questo sentimento una sensazione così potente da far tremare chiunque anche i più tristi individui, forse a questo troppo semplice da poter comparare all’insieme delle viscere a tutti i muscoli che si attivano non appena sentono la tua voce, non uno ma un corpo intero è sopraffatto dalla tua visione un cuore che batte più forte la fronte che suda, le mani che tremano e il sorriso che taglia il viso come una lama di gioia altro che singolo muscolo
Un giorno mi domandasti se questo fosse amore, se quello che provavi era effettivamente quello che tutti chiamano innamorarsi, oggi ti dico che questa semplice parola non riesce a racchiudere quello che provo nessun termine o verbo riuscirà mai a infondere l’attrazione e la forza che sento.
Fenomeno sovrannaturale
La natura stessa forse mi può venir in aiuto: Ribaltano navi, collerano su pescatori e consumano scogli e fondali; sono manifestazione della collera del grande padre di una creatura mostruosa e lontana di cui la sua morte per accecamento nelle scuole è insegnata, creati da semplici e impercettibili venti, che incontrandosi creano l’ira che gli uomini tutt’ora temono nonostante tutte le loro tecnologie, una forza e una poesia alle spalle della loro nascita che però si spengono dinanzi alla tua fenomenica presenza.
O la forza del principio primo, la base di tutto quello che viviamo ora, dalle gelide punte bianche milioni di anni fa forte e impertinente dinanzi alla morte si è sempre rialzata, nei vasti oceani infiniti della primordiale palla blu; neanche dinanzi la forza della distruzione stellare scagliata contro la nostra casa si arrese, ancora regna nonostante i fumi dei profani conquistatori che oggi noi rappresentiamo. Il suo colore contro la luce, l’unione del giallo sole e della blu acqua, la pace dei sensi ancora ci fa ritrovare, ma continua il tutto a cadere e rimane solo come sfondo in un’immagine di tua rappresentazione; l’attenzione è inevitabilmente verso te.
Pensiamo allora allo scontro stellare, corpi vaganti nel buio velo, sfere di fuoco e forge di vita, rocce o meglio mostri ancestrali, carri di vita e di morte scontratisi per milioni di anni, creati prima dell’esistenza stessa del tempo: stelle di luce e giganti fautori di miriadi di collisioni, allineati e fermati al momento istante decisivo e attimo sfuggente, che le povere creature su uno di questi mostri hanno ipotizzato e creato un fautore di questa forgia, uno sportivo omone dietro questa partita di bocce cosmiche.
Tutto bellissimo e affascinante ma, mentre scrivo e rimembro questi antichi avvenimenti, continuo solo a pensare a te: un'attrazione che supera qualsiasi pianeta, dal nostro globo al grande Giove.
Unica via rimasta, ultima strada che posso qui tentare per far capire quel che provo, quel che sei per me, lo si dice spesso che per capire davvero qualcosa bisogna soffrirla in prima persona, o forse più semplicemente sbatterci la testa, entriamo dunque in questo lato oscuro:
Felice Mietitore
Il vuoto, un buco, il terrore mi attanagliò la paura di guardare in basso e vedere effettivamente il mio corpo lacerato il mio ventra squartato e il cuore nudo battere i suoi colpi al vento e scrutare lo schienale della sedia guardandomi il petto; ero seduto in quella sedia della cucina, contratto in una smorfia di terrore indescrivibile, pronto a far sgorgare di nuovo la salata miscela, l’ennesima volta in qualche giorno. Con le ultime forze che mi restavano, con tutti gli strumenti arrugginiti e tutte le chitarre violini scordati, i fiati pieni di saliva e i tamburi sfondati, mi misi in piedi. Tutto si fece buio, sentivo solo i miei piedi sul freddo pavimento, sentivo il timore in me crescere di nuovo “Ancora no, sta tornando di nuovo” Il sentimento di non ritrovarmi più, oscurità in ogni angolo ero come al buio. Sentì una vibrazione un richiamo davanti a me a qualche passo, una notifica di quel vile strumento, quell’essere ignobile che rovina chiunque incontri, quell’arma di distruzione di massa si trasformò però in una luce in quell’oscurità; un faro di speranza, una piccola e fievole lanterna. La seguì, lo presi in mano e feci il numero, non agivo era il mio corpo a muoversi, a seguire quest’ultima scappatoia. E sentii quella voce subito dopo, le parole uscivano al posto delle lacrime dimostrazione di sofferenza che stavo provando mi aspettavo un ennesimo muro in cui sarebbero andate a sbattere per tornare in dietro, un muro formato da frasi come : “Non devi pensarci.” oppure “Passerà”. Mi sbagliavo, che illuso, che minuscola formica dinanzi a te mi presi e mi rialzasti dal buco in cui mi ero messo ogni colore tornò a fiorire davanti ai miei occhi ero di nuovo nato, ero libero. Quelle semplici parole che ricordo come un comandamento mi fecero ritrovare me stesso, strabiliante felicità.
Il nero cavaliere, il serpente viscido, la più grande paura non la temo, se dovessi finire la mia esistenza, se dovessi morire in un tuo abbraccio se con te dovessi passare dall’altro lato come cadere nel nulla, io in quel mometno se fossi tra le tue braccia non avrei paura alcuna. Dinnanzi alla più grande e terrificante prova dell’uomo di fronte al giudizio finale, al salto nel vuoto terrificante e nero io non avrei alcun timore nessun brivido ma solo un sorriso stampato sulle labbra.
















Come fare, come potere anche solo pensare di rappresentarla una così indicibile visione, una così grande creatura, una così immensa attrazione.
Scienziato d’amore
Un ricercatore, un letterato individuo, abile studioso che prese per la prima volta in mano un qualsivoglia mammifero e colui che accarezzò per la prima volta una felce, chi per primo tenne nel palmo quelle piccole e coccolose bestie che ora chiamiamo ghiro; quale processo per trovar così affine nome, quali pensieri e ricerche per capire come nominarle? Ricerca che per me, che mi ritrovo a compiere anche sforzo per rappresentarne il sentimento, porta con sé più sudorifera fatica che la conquista stessa per trovare il soggetto stesso.
Ma inimmaginabile è anche solo provare a trovare una parola che possa fare questo: paragoni e racconti, storie fantastiche e fenomeni meravigliosi ecco cosa ci vuole per decantar le lodi di una così inspiegabile Musa.
Fenomeno sovrannaturale
La natura stessa forse mi può venir in aiuto: Ribaltano navi, collerano su pescatori e consumano scogli e fondali; sono manifestazione della collera del grande padre di una creatura mostruosa e lontana di cui la sua morte per accecamento nelle scuole è insegnata, creati da semplici e impercettibili venti, che incontrandosi creano l’ira che gli uomini tutt’ora temono nonostante tutte le loro tecnologie, una forza e una poesia alle spalle della loro nascita che però si spengono dinanzi alla tua fenomenica presenza.
O la forza del principio primo, la base di tutto quello che viviamo ora, dalle gelide punte bianche milioni di anni fa forte e impertinente dinanzi alla morte si è sempre rialzata, nei vasti oceani infiniti della primordiale palla blu; neanche dinanzi la forza della distruzione stellare scagliata contro la nostra casa si arrese, ancora regna nonostante i fumi dei profani conquistatori che oggi noi rappresentiamo. Il suo colore contro la luce, l’unione del giallo sole e della blu acqua, la pace dei sensi ancora ci fa ritrovare, ma continua il tutto a cadere e rimane solo come sfondo in un’immagine di tua rappresentazione; l’attenzione è inevitabilmente verso te.
Pensiamo allora allo scontro stellare, corpi vaganti nel buio velo, sfere di fuoco e forge di vita, rocce o meglio mostri ancestrali, carri di vita e di morte scontratisi per milioni di anni, creati prima dell’esistenza stessa del tempo: stelle di luce e giganti fautori di miriadi di collisioni, allineati e fermati al momento istante decisivo e attimo sfuggente, che le povere creature su uno di questi mostri hanno ipotizzato e creato un fautore di questa forgia, uno sportivo omone dietro questa partita di bocce cosmiche.
Tutto bellissimo e affascinante ma, mentre scrivo e rimembro questi antichi avvenimenti, continuo solo a pensare a te: un'attrazione che supera qualsiasi pianeta, dal nostro globo al grande Giove.
Motore dell’uomo
Forse troppo complicati questi riferimenti, troppo lontani sia per tempo che per spazio per spiegare una cosa così, e incido fortunatamente, vicina.
Proviamo ad utilizzare fenomeni sociali, direzioni e sentimenti umani che storicamente hanno mosso quest’ultimi; andiamo a destrutturare la questione, all’opposto ora sbrogliamo la matassa, torniamo alla primordiale semplicità:
Gli uomini ne hanno tratto guerre, ricchezze indicibili, motivi di orgoglio; ha unito masse enormi, condotto regni e imperi, fermato guerre e, come detto, scatenate altrettante, impresso simboli talmente forti nelle mente di ogni individuo da costringere alle più indicibili privazioni; ha innalzato idoli che alti ancora e composti d’oro svettano sui tetti dei templi, rappresentazione dello sfarzo e dell’importanza di tutto questo, un culto che ha mosso masse ma che, come zombi, ha fatto camminare andando incontro al nulla ad una promessa invisibile, ma io invece ti vedo chiara dinanzi a me, ti posso toccare, nulla a che vedere con queste frottole e favole.
Oppure potremmo allinearci e scopiazzare da coloro che hanno per tanto tempo affrontato queste attrazioni: poeti e scrittori ne hanno sempre parlato, di quell’essere incredibile ai loro occhi, e hanno sempre raccontato come fosse indescrivibile il loro sentimento dinnanzi a tale creatura. Tutto vano, stupidi e stolti sono questi soggetti; ancora una volta non si avvicinano per nulla alla reale sensazione che io provo ogni dì, ogni notte, ogni attimo della mia esistenza accanto a te: io sono illuminato e loro erano incupiti quasi , io sono pronto a morire per colei, loro erano a malapena pronti a sfiorarla, io sono qui a guardarti dritto negli occhi e loro, come pecore, abbassavano lo sguardo
Ancora più semplice: forse perché non provare un sentimento così semplice e che tutti, anche i più imbronciati individui, possono testare: un semplice muscolo che in qualsiasi momento possiamo contrarre per provare una infantile e così grande emozione: semplice e chiara la felicità, senza giri di parole sorridendo andiamo a rilasciare quelle infinitesimali particelle che producono appunto questo sentimento una sensazione così potente da far tremare chiunque anche i più tristi individui, forse a questo troppo semplice da poter comparare all’insieme delle viscere a tutti i muscoli che si attivano non appena sentono la tua voce, non uno ma un corpo intero è sopraffatto dalla tua visione un cuore che batte più forte la fronte che suda, le mani che tremano e il sorriso che taglia il viso come una lama di gioia altro che singolo muscolo
Unica via rimasta, ultima strada che posso qui tentare per far capire quel che provo, quel che sei per me, lo si dice spesso che per capire davvero qualcosa bisogna soffrirla in prima persona, o forse più semplicemente sbatterci la testa, entriamo dunque in questo lato oscuro:
Felice Mietitore
Il vuoto, un buco, il terrore mi attanagliò la paura di guardare in basso e vedere effettivamente il mio corpo lacerato il mio ventra squartato e il cuore nudo battere i suoi colpi al vento e scrutare lo schienale della sedia guardandomi il petto; ero seduto in quella sedia della cucina, contratto in una smorfia di terrore indescrivibile, pronto a far sgorgare di nuovo la salata miscela, l’ennesima volta in qualche giorno. Con le ultime forze che mi restavano, con tutti gli strumenti arrugginiti e tutte le chitarre violini scordati, i fiati pieni di saliva e i tamburi sfondati, mi misi in piedi. Tutto si fece buio, sentivo solo i miei piedi sul freddo pavimento, sentivo il timore in me crescere di nuovo “Ancora no, sta tornando di nuovo” Il sentimento di non ritrovarmi più, oscurità in ogni angolo ero come al buio. Sentì una vibrazione un richiamo davanti a me a qualche passo, una notifica di quel vile strumento, quell’essere ignobile che rovina chiunque incontri, quell’arma di distruzione di massa si trasformò però in una luce in quell’oscurità; un faro di speranza, una piccola e fievole lanterna. La seguì, lo presi in mano e feci il numero, non agivo era il mio corpo a muoversi, a seguire quest’ultima scappatoia. E sentii quella voce subito dopo, le parole uscivano al posto delle lacrime dimostrazione di sofferenza che stavo provando mi aspettavo un ennesimo muro in cui sarebbero andate a sbattere per tornare in dietro, un muro formato da frasi come : “Non devi pensarci.” oppure “Passerà”. Mi sbagliavo, che illuso, che minuscola formica dinanzi a te mi presi e mi rialzasti dal buco in cui mi ero messo ogni colore tornò a fiorire davanti ai miei occhi ero di nuovo nato, ero libero. Quelle semplici parole che ricordo come un comandamento mi fecero ritrovare me stesso, strabiliante felicità.
Il nero cavaliere, il serpente viscido, la più grande paura non la temo, se dovessi finire la mia esistenza, se dovessi morire in un tuo abbraccio se con te dovessi passare dall’altro lato come cadere nel nulla, io in quel mometno se fossi tra le tue braccia non avrei paura alcuna. Dinnanzi alla più grande e terrificante prova dell’uomo di fronte al giudizio finale, al salto nel vuoto terrificante e nero io non avrei alcun timore nessun brivido ma solo un sorriso stampato sulle labbra.
Un giorno mi domandasti se questo fosse amore, se quello che provavi era effettivamente quello che tutti chiamano innamorarsi, oggi ti dico che questa semplice parola non riesce a racchiudere quello che provo nessun termine o verbo riuscirà mai a infondere l’attrazione e la forza che sento.














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